
Dic
2018
I geni del profumo, sequenziato il dna del Tartufo Bianco
Un articolo di Nature Ecology & Evolution ha svelato i risultati di un confronto fra i geni di due pregiate specie di tartufo. La ricerca ha permesso di rivelare le basi genetiche di uno dei cibi più ricchi d’aroma e costosi al mondo.
I tartufi, conosciuti come i “diamanti della cucina”, sono corpi fruttiferi ipogei di funghi che vivono in simbiosi con le radici delle piante, svolgendo un ruolo importante nell’ecosistema del suolo.
Un team internazionale guidato da Francis Martin e colleghi dell’INRA, di cui hanno fatto parte anche ricercatori italiani del CNR di Torino e Perugia, dell’Università di Torino, Bologna, L’Aquila e Parma, ha sequenziato i geni del tartufo bianco piemontese (Tuber magnatum Pico) e del tartufo nero della Borgogna (Tuber aestivum), oltre che quelli di funghi eduli meno conosciuti quali i tartufi del deserto (Terfezia boudieri), del tartufo consumato dai maiali (Pig truffle, Choiromyces venosus), ed il genoma della morchella (Morchella importuna).
Confrontando questi genomi con quelli del tartufo nero pregiato (Tuber melanosporum), già sequenziato, gli autori hanno scoperto inaspettate somiglianze genetiche tra le specie di tartufo bianco e nero, nonostante il loro separazione evolutiva sia avvenuta più di 100 milioni di anni fa.
I GENI DEL PROFUMO
Tra le somiglianze, si sono riscontrati geni correlati alla simbiosi con le piante e alla loro capacità di ottenere sostanze nutritive dal terreno ed è stato ulteriormente dimostrato che i tartufi hanno una serie limitata di geni che consentono ad altri funghi di degradare le pareti cellulari delle piante su cui vivono.
Al contrario, viene finemente regolata l’espressione dell’ampio repertorio di geni coinvolti nella produzione dei composti organici volatili che partecipano alla formazione del loro aroma pungente, in grado di attrae gli animali che hanno il compito di disperdere le loro spore.
Questo studio fa parte di un’iniziativa per sequenziare 1.000 genomi fungini entro cinque
anni, un’iniziativa del Joint Genome Institute (JGI) e della comunità scientifica interessata a colmare le lacune nella comprensione di uno dei più grandi rami nell’albero della vita